Il 13 febbraio 2017 uscirà il primo EP dei Miserist ensamble australiano precedentemente noto al popolo underground con il nome di Headwar.
I componenti della band sono sconosciuti, sicuramente per aumentarne l'alone di mistero, ovviamente tutto questo aiuta nell'impatto commerciale...
Comunque questi ragazzi australiani propongono un sound particolare un mix di black/death/drone totalmente strumentale, non esistono parti cantate, cercando di dare alla luce una opera decisamente ambiziosa.
L'E.p. in questione si compone di sei brani per circa 29 minuti di ascolto:
Skin, Mold & Flame: l'intro accoglie l'ascoltatore in modo decisamente poco simpatico dopo una parte di sinth arriva subito la chitarra elettrica e come se fosse un mitragliatore la batteria, il suono è già rotondo e corposo, il pezzo dura poco ma già mostra di che pasta sono fatti i Miserist, pochi istanti di violenza e poi ci si ributta nell'ombra dei sinth con un'atmosfera davvero cupa e malata.
Miserist: la violenza la fa da padrone, batteria a martello pneumatico e chitarra a sega circolare a metà brano, nonostante la potenza sia notevole, i ritmi calano vistosamente si passa quasi ad un doom metal, anche qui il brano è molto corto neanche tre minuti.
VIII: questo brano risulta decisamente più strutturato dei precedenti, ha una certa armonicità, anche se i contenuti e l'ossatura sono tipicamente black, il suono come già detto è corposo e potente ma perde davvero molto senza un cantato, o meglio, questo pezzo starebbe decisamente bene come traccia strumentale in un qualsiasi album black/death metal "normale".
Horror Infinitum: gli schemi saltano completamente, musica da sala primi '90, sinth e poi un'apertura cinematografica arrivano poi chitarre elettriche e batteria, le atmosfere create sono decadenti, fumose c'è qualcosa di malvagio che permea questo brano che se ascoltato superficialmente è sicuramente scarso, ma poi ascoltato in modo preciso ed approfondito ha un senso, un'istantanea di un mondo decadente e fallace.
Lung Rust: man mano che si arriva sul finire dell'album la lunghezza delle tracce aumenta ed anche la struttura e la dinamicità delle stesse, questo brano infatti è caratterizzato da cambi stilistici si passa dal black metal più ferino fino ad arrivare ad un dark ambient, interessante è l'effetto della chitarra che in alcuni tratti diventa un gorgogliato.
Narikuntu: ed eccoci arrivati all'ultima traccia, la più lunga supera i nove minuti, tanto sinth ed una batteria in sottofondo il ritmo è ipnotico se non fosse per dei versi inframmezzati tra un colpo di batteria ed un altro, man mano che avanza il barno si arricchisce di sonorità, e rendono questo brano meno noioso, si sente un barlume di chitarra che in breve tempo scompare lasciandoci nella desolazione dei colpi di batteria ed i versi.
Cosa dire questo album a parer mio non ha nessun significato singolarmente i brani possono far parte, come già detto, di un qualsiasi platter death o black metal, ma tutti insieme in fila uno dopo l'altro sono davvero stucchevoli ed alla lunga annoiano, i suoni sono curatissimi la produzione è maniacale.
Il problema è che questo disco non stà in piedi è troppo fuori dagli schemi talmente fuori che l'ascoltatore rimane disarmato, stordito.
Capisco ed amo le sperimentazioni ma secondo me è così è troppo.
Un disco per gli amanti, per chi vuole scoprire qualcosa di "nuovo".
Igor Gazza
40/100