15 GIUGNO 2017
Paroxsihzem nascono nel 2007 e sono originari di Toronto, in Canada. Sono fautori di un black/death metal duro, impazzito, 'marcio' e confusionario. Nelle loro
canzoni infondono un senso di violenza e soffocamento che si sposa perfettamente con le tematiche trattate. Esse passano da suicidio, storia, filosofia o psicologia a seconda dell’
ispirazione, con l’unico obiettivo di raggiungere le forme più oscure e realistiche della natura umana. Niente finzioni nelle creazioni di testi, quindi, solo fatti
tangibili che trasmettono una più brutale e contorta visione dell’animo umano permettendo un approccio più realistico all’esistenza che conduciamo.
Hanno all’attivo due demo, un omonimo full lenght, uno split con i compatrioti Adversarial ed infine un EP, “Abyss of Excruciating Vexesî” che tratteremo in questa
recensione.
Chi conosce i Paroxsihzem sa che le loro sonorità sono figlie di quel filone black/death che fa del suono 'sporco' e confuso il loro cavallo di battaglia. Il
risultato è un’atmosfera che pressa l’ascoltatore ponendogli davanti violenza e brutalità senza respiro. Con questo EP raggiungono picchi di corruzione musicale mai raggiunti finora dalla band,
trattando temi come torture, odio, lotta e follia indotta dalle droghe, in soli 25 minuti che lasceranno chiunque senza respiro.
Rilasciato originariamente in vinile e CD nel marzo 2016 sotto la Hellthrasher Productions, il 26 maggio 2017 è stato riproposto in audiocassetta e formato digitale,
grazie all’etichetta francese Krucyator Productions. Inoltre, l’artwork dell’EP come tutta la grafica, è opera del cantante Krag.
Le cinque tracce che compongono l’EP (quattro inediti più un omaggio agli Arkon Infaustus con la cover della loro “Dead Cunt Maniac”, si presentano con il suono
grezzo e 'marcio' che li ha sempre accompagnati fin dal primo demo, con l’unica eccezione del full lengh,t dove i suoni erano più precisi, ma la brutalità rimaneva invariata. Ci troviamo davanti
ad un lavoro che i fan del genere apprezzeranno, ma che i più profani troveranno un minestrone di suoni indefiniti e confusionari, fatta eccezione per la batteria. Le canzoni sono tutte simili
tra loro, rendendo difficile distinguere l'una dall'altra, e senza un particolare timbro che le distingua dal panorama di band death/black sul mercato. Un EP senza lode ne infamia.
Alessia “VikingAle” Pierpaoli
60/100
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